Lavatoio Olona (Foto inizio ‘900)
Provenendo dalla Contrada Olona (l’attuale via Rondanini), prima di piegare verso il ponte sul fiume, sino alla metà del secolo scorso, ci si imbatteva in una discesa che digradava verso il livello dell’acqua: era il lavatoio di Piazza Olona.
Il manufatto era costituito semplicemente da un muretto sormontato da lastre di granito inclinate, la prea, sulle quali le massaie dell’epoca strofinavano i panni per poi risciacquarli nella corrente. Per un certo periodo il lavatoio fu dotato anche di una tettoia appoggiata su pilastrini di ferro lavorato.
Il lavatoio, per ovvi motivi, veniva utilizzato in particolare dagli abitanti del circondario, mentre per le casalinghe che abitavano più distante, il lavoro risultava più complesso.
La bugaa, il bucato del bianco lo si effettuava una volta al mese, mentre tutte le settimane gli indumenti – solitamente il lunedì o a metà settimana – e solitamente per lavare i panni e la biancheria si sceglieva una giornata soleggiata.
La prima azione consisteva nel procurarsi l’acqua che, sino alla realizzazione dell’acquedotto comunale nel 1933, si dimostrava un’operazione faticosa, in quanto occorreva attingere dal pozzo o dalla tromba, dopo di che si dava una prima passata ai panni, sporchissimi, con spazzola, sapone, e molto olio di gomito. La biancheria invece veniva posta in un mastello, la si ricopriva con un vecchio lenzuolo e sopra il lenzuolo veniva messa la cenere,che ha un potere sbiancante e sgrassante. Poi si versava l’acqua bollente da riempire il mastello ed in quest’acqua il bucato vi rimaneva un giorno intero. Una volta tolto dal mastello, il bucato doveva essere ben strizzato prima di essere risciacquato. Con le ceste piene di panni le massaie si recavano quindi al lavatoio. L’acqua del bucato rimasta nel mastello, dopo che la biancheria veniva messa nelle ceste, era utilizzata per lavare i capelli che acquistavano in brillantezza. Nulla era buttato, tutto allora veniva recuperato!
Per togliere i residui di sapone e cenere i panni dovevano essere sbattuti con forza sopra la pietra del lavatoio o sull’asse di legno (se l’operazione veniva effettuata a casa) ed era un lavoro fondamentale importante per rimuovere dai tessuti i grumi della lisciva e lo sporco più resistente. Gli indumenti, infine, tenuti fra le mani da due donne, venivano strizzati torcendoli in parti opposte.
Dopo la sciacquatura il bucato veniva messo ad asciugare: i panni venivano distesi in cortile, solitamente lungo le ringhiere, ma in alcuni casi anche appoggiandoli sui cespugli o su corde tese in maniera rudimentale. In inverno, gli indumenti si stendevano in cucina attorno alla canna fumaria della stufa economica (quella con i cerchi concentrici che si toglievano uno ad uno, a seconda della grandezza della pentola dotata anche di alcuni appoggi sulla canna fumaria) o vicino al camino. Una volta asciugati, alcuni indumenti (non tutti…) venivano stirati con il ferro da stiro alimentato dal calore della carbonella al suo interno oppure con i ferri da stiro che venivano appoggiati sulla stufa per accumulare calore.
Testo curato dal Gruppo “Pro Memoria Nerviano”