La Chiesa di San Francesco (Foto anni 20)
La chiesa di Garbatola, dedicata ai Santi Francesco e Sebastiano, è dal punto di vista architettonico, una fabbrica minore rispetto alle altre parrocchiali limitrofe: è meno sontuosa e meno grandiosa di quella Nerviano, e meno colta di quella di S.Ilario.. Quella di Garbatola è una chiesa modesta, umile, che però diventa interessante e addirittura incredibile quando si impara a conoscerne la storia. Una storia che parla di povera gente, i contadini e gli operai che abitavano la vecchia Cassina, gente orgogliosa, che da poco aveva visto sopprimere con regio decreto il proprio Comune per trasformarsi in frazione di Nerviano; una storia fatta di lavoro manovale e di uova vendute quotidianamente per finanziare il cantiere; una storia che parla di fede, di tante sofferenze e di un grande attaccamento della popolazione del borgo alla loro Chiesa. A questo si aggiunge la velocità con la quale questa fabbrica è stata costruita: un anno solamente… e di colpo, la Chiesa dei Santi Francesco e Sebastiano diventa un’opera incredibile, accattivante, bellissima.
All’inizio del ‘900 la vecchia chiesina dei Santi Biagio e Francesco, che sta alla destra, dall’altra parte della piazza, guardando la chiesa moderna, era divenuta insufficiente per i garbatolesi, che da qualche anno erano cresciuti in numero, così secondo gli ordini impartiti dall’allora Cardinal Ferrari durante la sua visita pastorale, si iniziò a valutare la possibilità di ristrutturare e ampliare la vecchia chiesa borromaica.
Ben presto questo progetto fu abbandonato e nei primi mesi del 1904 un ingegnere milanese, Giuseppe Chiodi, fu incaricato di redigere un progetto per una nuova chiesa.
Il 17 marzo 1904 i fabbricieri Carcano, Castelli, Lucchini, Pessina e Pravettoni inviarono alla giunta municipale nervianese una relazione circa volontà dei garbatolesi di costruire una nuova chiesa. Il 19 marzo l’ing. Chiodi consegnò ai fabbricieri il progetto architettonico. Sei giorni dopo il Consiglio Comunale di Nerviano approvò il progetto e deliberò la costruzione della nuova Chiesa. Nove giorni! Solamente due settimane dopo, l’11 aprile 1904, iniziavano i lavori e domenica 17 aprile fu posata la prima pietra! Altri tempi, altra burocrazia…
Per la costruzione della chiesa si mobilitarono tutte le famiglie garbatolesi. Si raccolsero fondi tra i pochissimi artigiani del paese, o tra chi aveva qualche possedimento, o ancora tra le famiglie operaie. Carcano, Castelli, Pessina, Consonni, Airaghi, Pravettoni, Porta, Rovellini, Rescaldani, Carugo, Cozzi erano famiglie per lo più povere, o molto povere, ma da qualche anno i capifamiglia avevano iniziato ad abbandonare i campi e avevano iniziato a lavorare nelle fabbriche, e avevano, quindi, un seppur misero salario. 1 lira, 2 lire, 3 lire, 5 lire, tutti contribuirono a loro modo. Poi vi erano le famiglie poverissime, perché ancora contadine, o perché molto numerose, e spesso il salario non bastava loro, e nemmeno loro fecero mancare il contributo e così chi non aveva un salario, quotidianamente donava parte di quello che aveva, o parte del frutto del loro lavoro, che poi veniva rivenduto: offerte per lavori festivi, offerte per bozzoli, per uova, per frumento. Un altro mezzo per raccogliere soldi erano i giochi, le feste e in particolare le tombolate!
Quello per la costruzione della chiesa di Garbatola fu certamente un cantiere povero e insieme un cantiere grandioso rispetto le limitate dimensioni del borgo, un cantiere popolare, ma anche un cantiere velocissimo se si pensa che i lavori iniziati nell’aprile 1904 terminarono nel mese di luglio del 1905. Così domenica 30 luglio 1905, alle ore 10, alla presenza dei principali benefettori e dell’ing. Chiodi, il Prevosto don Castiglioni benedì solennemente la nuova chiesa dedicata ai Santi Francesco e Sebastiano di Garbatola e lunedì 31 luglio, alle ore 18, dopo due giorni di festeggiamenti le famiglie garbatolesi si radunarono in chiesa per ringraziare e cantare solennemente il Te Deum.
Dapprima la chiesa era a una navata unica, bianca, senza pitture e senza decorazioni, con un carattere severo ma accogliente. Ricordava gli antichi oratori e le vecchie chiesine delle nostre cascine. Le navate laterali, che oggi completano l’impianto, basilicale, furono costruite appena prima della consacrazione, che avvenne nel 1930 durante una delle visite pastorali del Cardinale Schuster. Una chiesa a tre navate, con volte a crociera, composta da quattro campate disposte longitudinalmente da sud a nord, e in fondo la zona dell’Altar Maggiore e l’abside. Tutte le volte in realtà sono finte, infatti esse simulano le volte in pietra delle basiliche ma in realtà sono una sorta di controsoffitto, in cannicciato, appeso alla struttura lignea
Il campanile fu eretto qualche anno dopo ed ospita 5 campane in scala diatonica in Fa terza Maggiore. Interessante la presenza della tastiera, tutt’oggi utilizzata in occasione di determinate ricorrenze. Questo apparecchio permette l’esecuzione di brani musicali per mezzo della percussione di una serie di palette disposte in serie come i tasti del pianoforte. Ciascuna paletta è collegata per mezzo di meccanismi di rinvio al batacchio di una campana, tenuta fissa con la bocca inclinata verso l’esterno o l’interno della cella campanaria. Schiacciando il tasto il batacchio fa suonare il bronzo, consentendo il suono di svariate melodie.
All’interno dell’edificio sacro,iInteressanti e di buona fattura sono i tondi raffiguranti alcuni padri della chiesa e alcuni santi, che stanno nel centro degli arconi che scandiscono e ritmano la navata principale, e il Cristo dipinto nel catino absidale (di autore sconosciuto) recentemente ritoccato durante i lavori di restauro delle pitture murarie negli anni ’90 del novecento. Presso l’Altare Maggiore, poi, vi sono altri due interessanti affreschi: a destra è rappresentato un tema classico della tradizione francescana, la morte di S.Francesco, attorniato dai suoi “fratelli” più intimi e da S.Chiara, opera del Calcaterra del 1920; a sinistra invece San Francesco, circondato da una schiera di angeli laudanti, è inginocchiato, in estasi, presso il Cristo, che ricambia quasi abbracciandolo, entrambe le due figure sono al centro di tutto il creato, opera di Valerio Giuseppe Egger del 1948.
La tela che oggi sta nella controfacciata, sulla cantoria sotto il rosone. Essa proviene dall’antica chiesina dei Santi Biagio e Francesco, dove fu utilizzata come pala d’altare sino al 1906, funzione che svolse anche nella nuova chiesa sino alla posa del nuovo altare nel 1930. Il quadro è “L’Ascensione”, del pittore milanese Carlo Picozzi, che realizzò il dipinto nel 1938 e raffigura il Cristo appeso alla croce, che è sollevata verso il cielo da tre angeli; Maria non appare affranta, mentre inginocchiato vi è San Sebastiano, riconoscibile dalle frecce appoggiate sulla nuvola.Alla sinistra del Cristo una figura sconosciuta, in vesti secerdotali, l’unica rivolta verso l’osservatore, ed in basso, a mani giunte, San Francesco.
Dall’antica chiesa proviene anche la balaustra che oggi separa la navata sinistra dal battistero e che un tempo divideva la zona dei fedeli dall’altare; una balaustra sapientemente lavorata, dalle forme tipicamente seicentesche e borromaiche, in marmo policromo, rosso, nero e grigio.
Interessanti e di buona fattura sono i tondi raffiguranti alcuni padri della chiesa e alcuni santi, che stanno nel centro degli arconi che scandiscono e ritmano la navata principale, e il Cristo dipinto nel catino absidale (di autore sconosciuto) recentemente ritoccato durante i lavori di restauro delle pitture murarie degli anni ’90 del novecento.
Presso l’Altare Maggiore, poi, vi sono altri due interessanti affreschi: a destra è rappresentato un tema classico della tradizione francescana, la morte di S.Francesco, attorniato dai suoi “fratelli” più intimi e da S.Chiara, opera di G.Calcaterra del 1920; a sinistra invece San Francesco, circondato da una schiera di angeli laudanti, è inginocchiato, in estasi, presso il Cristo, che ricambia quasi abbracciandolo, entrambe le due figure sono al centro di tutto il creato, opera di Valerio Egger del 1948.
Negli ultimi anni sono invece stati realizzati la cena e l’ambone, in marmi policromi, su disegno dell’ing. Stucchi, e il bel portone in acciao corten con bassorilievi bronzei, realizzato dai fratelli Carcano su disegno dell’architetto garbatolese Fabio Pravettoni. Le due fusioni in bronzo che dividono orizzontalmente l’austero portone sono opera dello scultore anch’esso garbatolese Fermo Dalma. Il portone riporta in primo piano i santi a cui la chiesa è dedicata: nella fusione di sinistra è raffigurato San Francesco e in quella di destra il martirio di San Sebastiano, al centro un fascio di grano, una palma e il simbolo della neonata Comunità di San Fermo. È stato in augurato durante la Festa Granda di Garbatola nel 2010. (F.P)
Testo curato dal Gruppo “Pro Memoria Nerviano”